I cannabinoidi possono essere di aiuto al trattamento della malattia parodontale?
a cura di Davis Cussotto
Sembrerebbe proprio di si, secondo una ricerca condotta dal parodontologo Americano Alvin H Danenberg e pubblicata sulla rivista sul Journal of Neuroinflammation.
Nel nostro organismo esistono diversi recettori cannabinoidi: il più studiati sono i CB1 del sistema nervoso e i CB2 localizzati nel sistema immunitario in particolare nei linfociti T e nella milza. La stimolazione di questi ultimi sembra essere responsabile principalmente della azione anti-infiammatoria e immunomodulatrice dei cannabinoidi.
Quando i recettori sono danneggiati si ha uno stato di sofferenza dell’organismo e l’apporto esterno di cannabinoidi può essere di giovamento. Tra i cannabinoidi esogeni derivati dalla pianta della canapa il più utilizzato è il cannabidiolo CBD che non ha niente a che vedere con il tetraidrocannabinolo THC derivato dalla marijuana. Il CBD ha un effetto psicoattivo ridotto ed è stato oggetto di diversi studi su animali che evidenziano la capacità di ridurre la perdita di osso nel corso della malattia parodontale .
Il Dr. Danenberg è un parodontologo che ha una visione olistica della malattia parodontale e vede nell’ alimentazione una determinante della salute umana; la mancanza o l’eccesso di elementi nutritivi alla singola cellula ha effetti su tutta la persona.
Questo approccio nutrizionista alla patologia umana trova le sue applicazioni anche in parodontologia per la prevenzione del riassorbimento osseo.
Sono in attesa di ulteriori studi clinici su umani -conclude -il ricercatore, ma sono convinto che integratori alimentari a base di CBD possono essere un ottimo supplemento terapeutico della malattia parodontale.