Implantologia a carico immediato

Una  metodica all’ avanguardia è  la chirurgia senza bisturi che grazie alla programmazione digitale  consente  di   inserire gli impianti per stabilizzare una protesi fissa in modo minimamente invasivo.

Cenni storici

Negli anni ’70, il chirurgo e ricercatore svedese P.I.Branemark ha scoperto il fenomeno dell’osteointegrazione, ovvero la connessione diretta tra osso vitale e la superficie in titanio puro di un impianto. Utilizzando un intervento in due fasi chirurgiche e una tecnica a traumatica, Branemark ha dimostrato che questa connessione tra osso e titanio è in grado di conferire un ancoraggio stabile e duraturo, che può essere utilizzato per supportare protesi dentali facciali e ortopediche.

Prima dell’avvento di tale tecnica, gli impianti dentali erano caratterizzati da risultati incostanti e frequentemente dovevano essere rimossi entro cinque anni. Dal 1965, migliaia di pazienti sono stati trattati con successo, prima in Svezia e successivamente nel resto del mondo, utilizzando impianti osteointegrati secondo il sistema Branemark. Questo metodo è stato introdotto in Italia per la prima volta nel 1984.

La percentuale di successo degli impianti

Le tecniche implantologiche caratterizzate da osteointegrazione prestano un’elevata percentuale di successi (>95%). Le alte percentuali di successo a lungo termine sono subordinate al rispetto di un adeguato programma di controlli periodici (annuali) associati a sedute (semestrali) di igiene e ablazione del tartaro. Le ricerche internazionali hanno dimostrato che i forti fumatori (oltre 20 sigarette al giorno) presentano percentuali di successo inferiori (80-85%).

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Domande più frequenti

Le soluzioni alternative agli impianti osteointegrati

Nessun trattamento: la perdita di anche un solo elemento dentale, oltre a danni immediati di carattere estetico e funzionale, comporta uno squilibrio a livello dell’apparato masticatorio con conseguente malformazione e migrazione degli elementi dentali residui.

Protesi totali: in molti casi, in modo particolare nel mascellare inferiore, la stabilità delle protesi totali è insufficiente a causa dell’atrofia della cresta alveolare edentula. Le protesi totali, inoltre, trasmettendo il carico masticatorio direttamente sulle creste edentule, provocano un lento e progressivo riassorbimento delle ossa mascellari. Tale riassorbimento può, a lungo termine, rendere più difficoltoso il trattamento mediante impianti osteointegrati.

Protesi parziali rimovibili ancorate a denti residui (scheletrati): gli scheletrati, inevitabilmente, trasmettono un ulteriore carico ai denti naturali residui ai quali si ancorano. Inoltre, come le protesi totali, trasmettono direttamente il carico masticatorio alle selle edentule accelerandone l’atrofia.

Protesi a ponte ancorate a denti residui: i ponti fissi sono indicati solo quando le condizioni di salute paradontale e radicolare dei denti residui sono sufficienti a garantire la durata nel tempo della riabilitazione protesica. Tale soluzione comporta la preparazione con frese dei denti pilastro, con conseguente perdita di sostanza dentale. In caso di perdita di un singolo elemento e denti adiacenti sani, il trattamento con un impianto, che supporta il dente mancante al posto del tradizionale ponte a tre elementi, permette di evitare la fresatura dei due denti sani adiacenti, risultando quindi la scelta terapeutica più conservativa.

Fase Chirurgica

• L’inserimento degli impianti, in fase chirurgica, consiste nel posizionamento di uno o più impianti nelle zone edentule delle ossa mascellari. Dopo l’inserimento, i tessuti gengivali vengono suturati nella loro posizione originale in modo tale che gli impianti rimangano totalmente sommersi.La prima fase chirurgica viene eseguita ambulatorialmente in anestesia locale.

• I punti di sutura vengono rimossi dopo 7-10 giorni. I pazienti totalmente edentuli non possono utilizzare la vecchia protesi mobile per 7-10 giorni dopo l’intervento. La vecchia protesi deve essere modificata e ribasata dal protesista prima di essere nuovamente indossata dopo l’intervento.

• Un periodo di guarigione di circa 4/5 mesi nella mandibola e di 6 mesi nel mascellare superiore è necessario per ottenere l’osteointegrazione dell’impianto. In casi particolari (osteoporosi, innesti ossei, atrofie delle ossa mascellari), il tempo di guarigione può essere più lungo (8-12 mesi).

• Dopo il periodo di guarigione viene eseguita la II fase chirurgica. Con questo intervento, più rapido e meno traumatico del primo, gli impianti vengono riesposti per essere poi connessi, con le protesi definitive. Alla fine della II fase chirurgica, i tessuti gengivali vengono, di norma, suturati attorno agli inserti in titanio connessi agli impianti; le suture vengono rimosse dopo 7-10 giorni, la riabilitazione protesica può cominciare dopo circa 15 giorni.

Che cosa fare dopo la prima fase chirurgica

1. Evitare cibi o bevande troppo caldi o solidi per alcune ore.

2. Il fumo e l’assunzione di alcolici sono stati associati a percentuali di successo inferiori e a maggiori difficoltà di guarigione dei tessuti gengivali; devono pertanto essere evitati o drasticamente ridotti almeno durante i dieci giorni successivi all’intervento.

3. Le sostanze acide (succo di limone, aceto) non favoriscono la guarigione della ferita, meglio evitarle per alcuni giorni.

4. Svolgere attività sedentarie nei sette giorni successivi all’intervento: le attività fisiche pesanti aumentano la circolazione ematica e favoriscono il gonfiore e il sanguinamento post-operatorio.

5. L’applicazione di borse di ghiaccio durante la prima giornata è utile per ridurre il gonfiore post-operatorio.

6. Astenersi dal risciacquare la bocca il giorno stesso dell’intervento.

7. Terapia: Augmentin capsule da 1 grammo una ogni 8/12 ore per 3/6 giorni.
Nimesulide bustine sciolte in un bicchiere d’acqua, da bersi preferibilmente a stomaco pieno, in caso di dolore fino a quattro al giorno. Clorexidina al 0,20% (Soluzione pronta) un misurino per sciacquare la bocca per circa un minuto tre volte al dì dopo i pasti, dal giorno successivo all’intervento.

 

Che cosa succede quando un impianto non si osteointegra?

Durante la II fase chirurgica dopo 4-6 mesi, ogni impianto viene valutato radiograficamente e clinicamente per la sua stabilità. Ogni impianto instabile o con segni radiografici di non osteointegrazione viene immediatamente rimosso. La maggior parte dei fallimenti (4%) di ogni singolo impianto avviene immediatamente (durante la II fase chirurgica) o dopo i primi mesi di funzione masticatoria, i fallimenti tardivi (dopo la protesizzazione definitiva) sono estremamente rari (1%). La piccola cavità ossea che residua dopo il fallimento di un impianto, simile all’alveolo vuoto dopo un’estrazione dentale, guarisce in circa due mesi e, se necessario, può essere utilizzata per un nuovo impianto. Se vengono posizionati più impianti, il fallimento di un singolo elemento può non comportare, nella maggior parte dei casi, l’insuccesso della protesi finale.

Quali possono essere i rischi o le complicanze tardive delle protesi supportate da impianti osteointegrati?

Le complicanze delle protesi supportate da impianti osteointegrati sono rare, ciò nonostante si possono verificare negli anni alcuni inconvenienti di carattere infiammatorio o meccanico:

• in caso di non adeguata applicazione delle necessarie manovre domiciliari di igiene orale gli impianti, come i denti naturali, possono andare incontro a fenomeni di infiammazione causati dalla placca batterica e dal tartaro. Le infezioni batteriche (perimplantiti) non trattate possono progredire fino alla perdita dell’impianto. Per prevenire questa complicanza sono necessari controlli professionali periodici e un’igiene orale domiciliare adeguata;

• le protesi dentali definitive vengono generalmente fissate agli impianti con viti o cementi teneri (rimovibili). Con la prolungata funzione e l’usura, le viti di fissazione delle protesi possono svitarsi o fratturarsi. In tal caso, devono essere immediatamente riavvitate per evitare danni alle componenti meccaniche. E’ molto importante, quindi, che il paziente richieda immediatamente una visita di controllo in caso di instabilità della protesi.

• Il dolore generalmente è lieve, limitato alle prime ore successive all’intervento, e viene agevolmente controllato dalla terapia antinfiammatoria prescritta. Non usare farmaci che contengano acido acetilsalicilico (ASA) come Aspirina, Cemirit ecc.., perché favoriscono il sanguinamento.

• In molti casi si verifica, a distanza di due giorni, un rigonfiamento del viso nella zona interessata dall’intervento. Il gonfiore può anche essere notevole e accompagnato da ematomi (lividi) : è fatto assolutamente normale che si verifica quando si eseguono interventi sulle ossa mascellari. Il gonfiore e gli ematomi si instaurano dopo 2-3 giorni dall’intervento e scompaiono lentamente nell’arco di una settimana.

• Nel post-intervento si possono verificare piccoli sanguinamenti nella zona dei punti di sutura. In questi casi è necessario esercitare una leggera pressione sulla parte, introducendo in bocca un tampone di garza bagnata e serrando delicatamente le mascelle. Evitare di risciacquare la bocca a lungo al fine di consentire la formazione di un adeguato coagulo.

• In casi rari di interventi alla mandibola, in vicinanza del nervo alveolare inferiore, possono residuare leggeri formicolii al mento e al labbro. Tali formicolii sono dovuti all’infiammazione post-operatoria del nervo alveolare inferiore e regrediscono molto lentamente.

• Le vecchie protesi mobili non possono essere usate per 10 giorni dopo l’intervento. Prima di poter essere nuovamente inserite in bocca devono, comunque, essere ribasate e adattate alla nuova situazione. L’inserimento precoce di una protesi rimovibile può compromettere gravemente la guarigione dei tessuti gengivali.

• Per ottenere un successo a lungo termine degli impianti osteointegrati è indispensabile che il paziente esegua un’adeguata pulizia quotidiana dei denti e che si sottoponga a controlli periodici (annuali) e a sedute (semestrali) d’igiene orale e ablazione del tartaro.

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